Politiche sempre più trasparenti nelle soluzioni di packaging in vetro

Illustrazione @_nico189

Il Gruppo Saida dal 1958 si occupa della produzione, commercializzazione e distribuzione di contenitori di vetro per alimenti.

Abbiamo incontrato Gian Luca Zuccarello, Business Development Manager, per tracciare una panoramica del settore in cui l’azienda opera.

Ci può fornire una fotografia sintetica di come è strutturato il Gruppo Saida?

La sede principale è a Longiano; a questa si aggiungono 8 sedi e 10 magazzini per un totale di 30mila mq di superficie coperta in cui stocchiamo i pallet di contenitori in vetro. Oltre alle sedi Saida di Longiano, Aprilia e Spoleto, il Gruppo comprende diverse consociate: Civas, Borghi, Enofriuli, Enovip, Etruria Cork, Vetrerie Ricci, Vivetro. Il nostro servizio si potrebbe illustrare semplicemente dicendo che frammentiamo la produzione vetraria e la distribuiamo.

Per spiegarlo nel dettaglio, possiamo dire che collaboriamo con industrie vetrarie da cui acquistiamo il prodotto in vetro e forniamo servizio di stoccaggio e trasporto. Lavoriamo principalmente con piccole e medie aziende. Non mancano tra i nostri clienti alcune grandi aziende imbottigliatrici che però hanno linee di produzione che sfornano migliaia di pezzi al giorno e hanno necessità di accogliere autotreni di contenitori ogni giorno; l’approvvigionamento avviene in questo caso con continuità direttamente dalle vetrerie, le quali forniscono come unico servizio logistico quello di vendita di autotreni completi.

Per questo è necessario che ci sia un canale di distribuzione più capillare, di cui noi siamo leader in Italia, che acquisti dalle vetrerie e poi distribuisca a piccoli lotti i contenitori alle varie aziende alimentari, birrifici, cantine vinicole, anche un pallet per volta, se serve.

Il vostro core business è quello del beverage?

Sì è senza dubbio quello è al suo interno è il vino a farla da padrone. Abbiamo inoltre ottime relazioni di fornitura con il mondo dell’alimentare.

A proposito di bottiglie di vino, Luigi Veronelli nel suo libro “Il vino giusto” sosteneva che “Le bottiglie del vino sono: la Renana, la Bordolese, la Borgognotta. Ogni altra bottiglia è da considerarsi di fantasia”. Rispetto quindi alle classiche e storiche tipologie, ci sono state delle innovazioni ed evoluzioni nel design?

La questione delle tipologie di bottiglia è affascinante e articolata. Da quando esiste l’industria vetraria, borgognotta e bordolese sono sempre esistite e le caratteristiche sono rimaste inalterate nel tempo. Ad oggi, sebbene si cerchi di trovare una novità, non vedo grosse svolte nel design delle bottiglie nel settore del vino se non per lo studio di particolari che vanno ad impreziosire le forme come ad esempio la nostra nuova collezione Horizon.

Diverso è il caso della distilleria, dove si registrano da un lato qualche intuizione creativa e dall’altro dei tentativi di proporre soluzioni nuove, anche perché le caratteristiche di prodotto sono diverse e hanno necessità di conservazione e trasporto differenti.

Su questo fronte abbiamo la fortuna di avere un accordo pluriennale di distribuzione esclusiva per l’Italia con l’unica azienda che negli ultimi anni ha creato innovazione, la spagnola Estal. A livello interno, poi, abbiamo un ufficio di Ricerca e Sviluppo, il Design Lab, che fa parte della mia divisione e ha il compito di proporre nuove forme all’interno delle diverse collezioni di prodotti, da cui sono nate cose interessanti. Ma rispetto alle forme o alla concezione di nuove bottiglie da vino non direi che ci sono state svolte epocali.

Ci può spiegare il rapporto tra tipologia di vino e forma della bottiglia?

La discriminante principale che fa prediligere una forma rispetto ad un’altra è principalmente la capacità di resistenza ai bar. Non solo gli spumanti, ma anche i vini fermi esercitano una certa pressione sul contenitore, per il fatto di essere un liquido dentro ad una bottiglia, sebbene non si tratti di pressioni alte. In linea di massima, la bordolese non è concepita per un vino a pressione elevata, tant’è che nessuna vetreria garantisce questa tipologia per vini frizzanti. Invece la forma borgognotta, con spalla più dolce, ha la possibilità di distribuire in modo migliore la pressione. Non tutte le borgognotte sono progettate e testate per vini frizzanti, perciò quando andiamo a fare consulenza ai nostri clienti dobbiamo fare attenzione a cosa producono e a cosa vogliono mettere dentro la bottiglia. Nel caso di vini frizzanti andremo a consigliare una borgognotta garantita, che di norma arriva ai 3 bar di pressione.

Per gli spumanti è stata studiata la champagnotta (che deriva il suo nome da Champagne), caratterizzata dal vetro spesso e dal fondo pronunciato, usata per il metodo champenoise, con presa di spuma in bottiglia ad alta tenuta. Per l’imbottigliamento del metodo charmat, che è spumantizzato in autoclave e deve avere garanzia di tenuta minore rispetto al metodo champenoise, esistono articoli della stessa forma ma di grammatura minore. In generale, le bottiglie da spumante dovranno resistere a una pressione continuativa a 6 bar, mentre le bottiglie da champenoise devono avere tenuta a pressione di 8 bar.

Anche il collo della bottiglia è un elemento importante, sia perché ogni contenitore che racchiude un liquido deve avere un vuoto di testa adatto per impedire la fuoriuscita del liquido stesso, sia perché la sua forma influisce sulla tappatura, che è favorita da un collo lungo e sottile.

Tornando invece al settore vetrario e al materiale, il Centro studi della Confederazione nazionale artigianato e piccola e media impresa ha evidenziato come il nuovo anno si sia aperto con un aumento del prezzo del vetro, di circa il 20 %, dopo il + 48% del 2022. Che cosa ci può dire a riguardo?

Non essendo produttori ma distributori subiamo le oscillazioni dell’industria vetraria e ti confermo che lo scorso anno è stato un anno terrificante, anche perché nel nostro caso si assommano i costi energetici della distribuzione, tanto che a inizio anno siamo arrivati a un aumento di quasi il 70% complessivo in più rispetto al 2021. Per fortuna la tendenza si sta esaurendo ed è iniziata una, seppur piccola, inversione di rotta.

In un’azienda come la vostra, che si occupa di distribuzione e stoccaggio, come si declinano le azioni mirate al raggiungimento di una maggiore sostenibilità e quali sono i passi più significativi che avete registrato?

La parte distributiva è limitante; ci stiamo interessando all’installazione di pannelli fotovoltaici nei nostri magazzini e all’adozione di mezzi di trasporto a minor impatto. Ad oggi siamo molto concentrati sull’ottimizzazione dei tragitti e delle consegne, per economizzare le consegne.

Come Saida cerchiamo di fare soprattutto cultura nel mondo del vetro, e infatti quando Estal ci ha proposto la distribuzione del vetro 100% riciclato, che permette di chiudere il ciclo economico del materiale, abbiamo aderito al progetto e diventando distributori esclusivi.

Nel caso delle bottiglie Wild Glass, infatti, il vetro di una bottiglia viene integralmente da MPS (Materia Prima Secondaria – rottame) ricavata dal recupero del vetro post-consumo.

Il riutilizzo del materiale, peraltro, è un vantaggio per le aziende: quando il rottame viene inserito nel forno fusorio, porta a una diminuzione delle temperature di fusione del vetro stesso e un conseguente abbassamento del calore nei forni che, restando accesi H24 mediamente per 10- 12 anni senza mai uno stop, possono godere di una razionalizzazione del consumo energetico.

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