L’esperienza di Stabila ci mostra le potenzialità delle certificazioni sostenibili.
La storia di Stabila inizia nel 1998, con la fusione di tre storiche aziende: La Capiterlina di Isola Vicentina, Atesina e Zaf di Ronco all’Adige, proseguendo poi con l’aggregazione della Fornace di Dosson di Casier e l’acquisizione della Sel di Modena. L’azienda opera nel settore edilizio, producendo blocchi di laterizio strutturali e non ad elevata performance energetica, dedicando un’altissima attenzione alla sostenibilità del suo ciclo produttivo e delle sue risorse. In un periodo storico in cui la sostenibilità ambientale è un requisito che moltissime aziende rivendicano con orgoglio, e in cui si moltiplicano le indicazioni di certificazioni, abbiamo deciso di incontrare il responsabile Ricerca e Sviluppo e Marketing di Stabila, l’ingegnere Michele Destro, per capire meglio qual è il percorso di sviluppo sostenibile dell’azienda e come le certificazioni ambientali siano un fiore all’occhiello di Stabila, e il frutto di un percorso lungo e strutturato, lontano dalla pratica sempre più diffusa del greenwashing.Che cosa si intende per edilizia sostenibile? E soprattutto come si può raggiungere una edilizia sostenibile, è davvero possibile?
L’edilizia sostenibile riguarda tutte le pratiche legate alla progettazione e realizzazione di edifici ad uso residenziale e non, che hanno come obiettivo l’ottenimento della sostenibilità ambientale, attraverso l’impiego di materiali, tecniche e fonti energetiche che permettano una riduzione dell’impatto ambientale. Si parte dunque dalla definizione di un processo che cerchi di limitare l’impatto ambientale, soprattutto da parte delle industrie più energivore, ma si deve tenere conto anche del ciclo di vita dei materiali e dei prodotti, affinché abbiano un ciclo di vita il più lungo possibile. In questo senso, la sostenibilità entra nell’idea di economia circolare perché ciò che un sistema produttivo scarta può diventare materia riutilizzabile da un altro, costruendo una catena che permette di creare un processo a circolo virtuoso.
Stabila produce blocchi in laterizio. Come riuscite a coniugare la vostra attività con il tentativo di perseguire i principi di un’edilizia sostenibile?
La fornace, insieme alle acciaierie, è tra le produzioni più energivore. Inutile nasconderlo. Oltre a dotarci di certificazioni che ci monitorano, evidenziando le zone di miglioramento e raccogliendo i dati dei consumi e dell’impatto per rendere la produzione sempre più virtuosa, noi possiamo mediare nel tempo questo impatto perché il mattone ha un utilizzo pari ad un secolo (100 anni), quindi un consumo elevato nel momento della produzione che però poi viene distribuito in un ciclo di vita molto lungo.
Anche questa è sostenibilità, produrre un materiale che abbia un lungo ciclo di vita e che necessiti di pochi interventi per la manutenzione.
La lunghezza del ciclo di vita è tra i paradigmi più importanti per capire la sostenibilità di un prodotto, e se si considera dalla culla alla tomba, cioè da quando prelevo il materiale fino alla dismissione del prodotto finito, se ne capisce l’importanza. Fino a qualche anno fa l’obbligo riguardava il ciclo che andava dalla culla al cancello, al momento cioè in cui il prodotto usciva dall’azienda, facendo perdere completamente un segmento molto ampio di analisi dell’impatto di quel materiale.
Come può il cliente destreggiarsi nella molteplicità delle comunicazioni che, soprattutto negli ultimi tempi, mostrano ovunque esempi virtuosi di aziende che si spendono in termini di sostenibilità ambientale senza che ci sia un effettivo riscontro di queste dichiarazioni?
Dal punto di vista ambientale non abbiamo ancora i mezzi per formare il nostro utente, che non è il privato ma è il professionista che, se non direttamente coinvolto nella tematica ambientale, fatica a capire se un prodotto sia sostenibile o meno. Gli ingeneri ambientali, che sono sicuramente preparati, di solito non sono coinvolti in un cantiere standard, ma in ambiti macroscopici.
Se devo fare interventi di grande portata, la parte ambientale allora viene coinvolta. In questo caso inizia il processo che coinvolge anche i produttori e i fornitori, ma non è una prassi cogente. Per il residenziale non è scontata la presenza delle certificazioni Leed, Itac, etc., che valutano l’impatto ambientale dell’intero intervento. Noi, come produttori, abbiamo iniziato questo percorso, ormai nel “lontano” 2017, ottenendo la certificazione EPD che seppur rappresentando un evidente valore aggiunto le richieste nei capitolati, prima del 2020, sono state davvero poche. Oggi invece sta diventando un requisito più diffuso, e molte aziende stanno iniziando ad attivarsi per ottenerla.
Con orgoglio possiamo rivendicare di essere stati i primi del settore a crederci e ad ottenerla.
Entrando nello specifico, mi pare che la Certificazione EPD sia particolarmente significativa e rappresenti un punto di grande orgoglio nel vostro cammino virtuoso verso una sempre maggiore sostenibilità. Ci può spiegare nel dettaglio di cosa si tratta e perché è così importante?
La certificazione EPD (Dichiarazione Ambientale di Prodotto EPD dall’inglese Environmental Product Declaration) prende in considerazione i flussi di produzione di un’azienda, valutando l’input che entra in stabilimento, la materia prima, l’acqua, tutte le fonti energetiche quali gas ed energia elettrica; valuta come la materia prima viene lavorata, le varie fasi del processo produttivo – nel nostro caso estrusione, essiccazione, cottura e stoccaggio – e anche l’impatto di movimentazione e trasporto. Tutti questi dati vengono analizzati per conoscere quanto si consuma e quanto si impatta a livello di emissioni. Per esempio, viene valutato il recupero di acqua piovana impiegato per lavare i macchinari, al fine di definire quanto l’azienda è virtuosa nel recupero e nel riutilizzo.
La EPD permette di capire quanto l’impianto consuma, quanto impatta e quanto l’imprenditore ottimizza questo processo, perché questa certificazione prevede che regolarmente venga fatto un check per vedere quale percentuale di riduzione si ottiene da un periodo preso in esame rispetto ad un altro. Non c’è un limite: l’EPD è una fotografia che ti restituisce quanto sei più o meno virtuoso. In questo senso, il primo vantaggio è per l’imprenditore: noi stessi ci siamo accorti di talune inefficienze e abbiamo lavorato per migliorare a livello energetico i consumi, ottenendo un risparmio significativo. Per quello che ci riguarda siamo arrivati ad una situazione ottimale. Con una certificazione di questo tipo l’azienda stessa si trova a porsi interrogativi rispetto ai propri processi e a mettere in campo attività correttive che massimizzino la produzione e l’impiego di risorse.
Ad oggi siamo solo due aziende del settore ad avere questa certificazione perché è molto complessa.
Inoltre, il nostro sistema produttivo è complicato da dividere in fasi perché spesso realizziamo più prodotti insieme, ma siamo riusciti a creare delle piccole microfasi e dei check di controllo, e questo ha permesso di avere una visione molto più controllata e puntuale di tutto il processo e dei relativi consumi.
Stabila è la prima e unica azienda italiana, produttrice di blocchi di laterizio, ad aver reso disponibile al mercato tutti gli impatti ambientali del proprio processo produttivo.
Che cosa comporta, anche in termini economici, per un’azienda questo tipo di trasparenza e patto di fiducia con il cliente?
Se dichiari determinate certificazioni il materiale deve sempre rispondere ad uno standard molto alto. Questo comporta un controllo continuo, e infatti noi abbiamo due persone che seguono le certificazioni perché gli enti preposti frequentano molto spesso i nostri siti produttivi. Abbiamo un laboratorio interno che effettua ispezioni giornaliere delle argille e un tecnico di laboratorio, che è un chimico, che controlla ancora prima che venga prodotto il laterizio i suoi parametri di performance e di impatto. Per la certificazione EPD abbiamo impiegato un anno, perché bisogna scardinare i processi, trovare i dati reali e dimostrabili, e per farlo servono delle risorse dedicate e trattandosi di una certificazione volontaria i controlli degli Enti preposti sono molto rigorosi.
L’associazione di categoria aveva proposto di fare una EPD di settore, che andasse bene per tutte le fornaci, come accaduto in Germania, dove è stata creata una certificazione standard per il settore, con notevole risparmio economico. In Italia questa proposta non è andata a buon fine e quindi per un’azienda che vuole ottenerla, il percorso è in autonomia con costi maggiori. Ora vedo che altre aziende si stanno attrezzando ma oggi credo sia tardi per ricorrere a questa certificazione perché appunto necessita di molto tempo per ottenerla e di una serie di certificazioni propedeutiche.
In generale l’aspetto economico legato alle certificazioni è una voce importante del budget aziendale, ma credo che sul mercato questa strategia paghi e, a dire il vero, ne ho riprova: il materiale che offriamo è corredato non solo da una scheda tecnica ma anche da certificazioni sempre disponibili che rafforzano la fiducia del cliente e premiano in fase di scelta rispetto ai nostri competitor.